la Medicina oltre
"Omeo... che?"
Nonostante migliaia di farmacie in Italia espongano ormai la scritta “Omeopatia”,
la maggior parte delle persone non sa che cosa sia questa forma di terapia che ha le sue radici nell’antica Grecia.
Il primo omeopata, infatti, sembra essere stato il più grande medico di tutti i tempi:
Ippocrate. Il medico-omeopata è prima di tutto un laureato in medicina e chirurgia che frustrato dalle limitazioni terapeutiche della medicina ufficiale cerca nuove strade e nuovi metodi per curare meglio i suoi pazienti.
In Italia non esiste
una laurea in Omeopatia e di conseguenza le molte migliaia di medici italiani che vogliono conoscere altre metodiche terapeutiche per poterle meglio integrare a seconda delle necessità dei pazienti, devono seguire dei corsi di studio speciali (mediamente
3 anni) che non sono ufficialmente riconosciuti in Italia, ma sono riconosciuti e apprezzati in tutto il resto d’Europa.
L’incontro del paziente con il medico omeopata dura come minimo un’ora: nel corso di questo tempo il medico
– oltre ad un’accurata visita - porrà al paziente molte domande allo scopo di determinare quale è il rimedio più adatto alla sua situazione patologica e qual è la sua “tipologia”.
In Omeopatia, infatti,
sono state determinate diverse “tipologie” di esseri umani, ognuna delle quali presenta sintomi e atteggiamenti caratteriali ed emozionali che lo rendono più vulnerabile ad un certo tipo di malattie e disturbi.
E’ importante
quindi per il medico omeopata pervenire alla comprensione del malato che si nasconde dietro ogni malattia e realizzare così una terapia personalizzata, diretta alla risoluzione delle cause che hanno originato i singoli disturbi.
Individuando la
“tipologia” del malato e quindi il “terreno” geneticamente predisposto sul quale si innescano i sintomi, il medico omeopata non cura solo la malattia del momento, ma interviene sul malato nella sua totalità di individuo rafforzando
il “terreno” e quindi effettuando un’efficace prevenzione.
La parola “omeo-patia” deriva appunto dal greco: homoios (simile)- pathos
(dolore, malattia). In altre parole, come appunto enunciato qualche millennio fa da Ippocrate, l’Omeopatia si basa sul concetto che “il male è guarito dal suo simile” (similia similibus curantur).
Qualche centinaio di anni dopo, anche il famosissimo medico Paracelso enunciò una teoria molto simile, ma dovette passare ancora molto tempo perché le intuizioni di questi due grandi medici del passato venissero riscoperte,
valorizzate e diffuse da un altro grande: Samul Hahnemann.
Medico scrupoloso e attento (nato a Meißen nel 1755), un giorno Hahnemann, traducendo un antico libro di medicina, fu attratto dalla descrizione di
come i coltivatori di chinino (pianta utilizzata per curare gli effetti della malaria) fossero spesso colpiti da febbri simili a quelle provocate da questa malattia. Hahnemann decise allora di provare gli effetti del chinino su se stesso e cominciò
ad assumerlo a grandi dosi, scoprendo così che la stessa sostanza (il chinino) che curava le febbri malariche, assunta a grandi dosi “provocava” lo stesso tipo di febbre.
Sperimentazioni
come questa vennero poi compiute sia da Hahnemann, sia dai suoi studenti e seguaci su centinaia di altre sostanze e i risultati vennero registrati e descritti nella sua Materia medica pura (elenco dei rimedi e il loro utilizzo), il primo prontuario
della storia dell’Omeopatia.
La ricerca e la sperimentazione su migliaia di soggetti è proseguita ininterrottamente dai tempi di Hahnemann ad oggi.
Per
rispondere alle molte critiche rivolte alla Medicina Omeopatica dalla medicina ufficiale, prima fra queste l’accusa che la cura omeopatica dà buoni risultati solo quando riesce a svolgere un “effetto placebo” (e quindi un effetto puramente
psicologico), si può osservare che: se da un lato è vero che il meccanismo di azione del farmaco omeopatico non è ancora stato scientificamente del tutto chiarito, è altrettanto vero che non è più sostenibile il voler
etichettare come “effetto placebo” milioni di risultati terapeutici ottenuti su adulti, bambini, animali e perfino piante.
Se fosse vera l’affermazione che l’Omeopatia è “il
nulla”, ne conseguirebbe che o il “nulla” è attivo, o che si critica ciò che non si conosce.
I rimedi Omeopatici vengono preparati da sostanze provenienti
dai tre regni della natura: animale, vegetale e minerale.
A partire da questa materia prima si prepara la Tintura Madre (T.M.) che servirà per realizzare le differenti diluizioni omeopatiche. Si lascia
macerare la sostanza medicinale prescelta in alcool da 45 a 95 gradi, in modo che i principi attivi si depositino nell'alcool. Prima di essere messi a macerare i minerali devono essere finemente triturati, mentre i rimedi vegetali devono essere preparati con
la pianta fresca. Le Tinture Madri di origine animale si ottengono mettendo a macerare l'animale intero (come Apis mellifica e Formica rufa), oppure utilizzando le secrezioni (come il nero di Seppia) o i veleni (come quello dei serpenti, per esempio Lachesis
muta).
La sostanza utilizzata per la realizzazione della tintura madre), un numero ed alcune lettere che indicano il grado di diluizione: esistono diluizioni decimali (DH), centesimali Hahnemanniane (CH) e
korsakovianae (K) (Korsokov era un medico che seguiva le armate napoleoniche in guerra e trovò un altro metodo per preparare i rimedi). Infine, esiste anche la diluizione LM (ovvero cinquantamillesimale) che è un tipo di diluizione studiata dallo
stesso Hahnemann negli ultimi anni della propria vita e che apre prospettive terapeutiche nuove rispetto alle diluizioni convenzionali.
Il numero indica quante volte è stato diluito il rimedio. Così,
una medicina omeopatica chiamata per esempio Sulphur 12DH, indica che il rimedio è a base di zolfo, che è stato ottenuto diluendo una goccia di Tintura Madre in dieci gocce di alcool, dinamizzando il tutto mediante succussioni, e poi ripetendo
l’operazione 12 volte.
La maggior parte dei rimedi omeopatici sono diluiti molto oltre il livello che i chimici considerano necessario affinché esista una sola molecola della sostanza originale.
Eppure, la cura omeopatica funziona.
Come assumere i rimedi Omeopatici
I rimedi Omeopatici vengono generalmente assunti per bocca (tranne le fiale iniettabili) ma, che siano gocce, globuli, granuli o compresse, ci sono 3 regole fondamentali:
Si possono seguire indicativamente i seguenti schemi posologici:
Caratteristiche della malattia | Frequenza di somministrazione |
Patologie acute – Stati acuti | 1 dose ogni mezz’ora – ogni ora |
Patologie sub croniche – Stati sub cronici | 1 dose ogni 2-3 ore |
Terapia di mantenimento | 1 dose 2-3 volte al giorno |
Dose lattante/bambino | Dose adulto |
5 - 7 globuli 1 - 2 compresse (da sciogliere in bocca o in poca acqua.) 1 - 2 cucchiaini di sciroppo (2,5_5 ml circa di sciroppo) | 7 – 10 globuli 1 - 2 compresse (da sciogliere in bocca o in poca acqua.) 5 ml circa di sciroppo |
Nelle confezioni dei rimedi omeopatici non sono contenute informazioni inerenti a posologia, avvertenze e indicazioni, perché ancora oggi in Italia questo è vietato per Legge.
L’omotossicologia prese le mosse dall’omeopatia. Essa nacque più di 50 anni fa per opera di Ha-Heinrich Reckewg (Herford, 1905 - Zurigo, 1985). Egli elaborò un corpus dottrinale conosciuto con il nome di Omotossicologia o Omeopatia Anti-Omotossica, formulando la composizione di farmaci omeopatici complessi in diluizione decimale e introdusse nella farmacopea omeopatica nuove sostanze (nuovi ceppi di nosodi, organoderivati di suiuno, catalizzatori del Ciclo di Krebs, chinoni). L’omotossicologia, pur affondando le sue radici nell’omeopatia, afferma di volgere lo sguardo alla moderna fisiopatologia e a questa afferma di rifarsi in sede di dianosi, avvalendosi in sede di terapia di sostanze preparate secondo i canoni della farmacopea omeopatica e della sperimentazione patogenetica.
L’impostazione omotossicologica rifiuta ogni forma di quello che definisce integralismo terapeutico per cercare un punto di contatto tra le basi teoriche dell’Omeopatia hahnemanniana ed il rigore clinico e la validazione scientifica peculiari della medicina convenzionale attuale.
Il contributo portato da Reckeweg all’evoluzione del pensiero medico omeopatico è consistito nell’essersi impegnato nella ricerca per fornire una base scientifica e sperimentale ai fondamenti dell'omeopatica.
L’omotossicologia ha portato ad un ampliamento della farmacologia omeopatica, e la disponibilità di nuovi rimedi, ad integrazione sinergica e complementare della farmacopea omeopatica. Reckeweg introduce la cosiddetta Tavola delle Omotossicosi, quadro sinottico delle patologie, in cui ogni alterazione di organi o Sistemi è messa in correlazione con quella che in Omeopatia viene chiamata la forza vitale del paziente (da Reckeweg identificata con il potenziale reattivo del soggetto). Tramite l’inquadramento della patologia in tale tavola si afferma che sia possibile definire lo status praesens del paziente e, attraverso gli opportuni farmaci omeopatici-omotossicologici, formulare una proposta terapeutica individuale (in ossequio ad uno dei cardini dell’Omeopatia hahnemanniana: l’individualità).
L’omotossicologia avrebbe consentito l’avviamento di un filone di ricerca che, facendo riferimento in particolare alla Biochimica, all’Immunologia ed alla Biologia Molecolare potesse sostenere il confronto come Medicina basata sull’evidenza scientifica. Tuttavia questi filoni di ricerca volti alla validazione scientifica dei principi fondatori dell’Omeopatia, Similitudine e Dosi infinitesimali non hanno trovato il suffragio sperimentale cercato.
Principi dell’Omotossicologia
La premessa da cui parte l'omotossicologia è che qualunque organismo è continuamente attraversato da un’enorme quantità di sostanze di provenienza esogena (batteri, virus, tossine alimentari, fattori di inquinamento ambientale, ecc.) ed endogena (prodotti intermedi dei diversi metabolismi, cataboliti finali, ecc.) che possono avere valenza patogenica. In accordo alla teoria di von Bertanlanffy, secondo cui l’organismo sarebbe un sistema di flusso in equilibrio dinamico, se l’omotossina non è particolarmente “virulenta” e se i sistemi emuntoriali sono efficienti, essa attraverserebbe l’organismo-sistema di flusso senza determinare alcuna interferenza nella sua omeostasi, che resterà pertanto nella condizione di equilibrio, cioè di salute. Se viceversa, o perché la tossina è particolarmente “aggressiva” o perché i sistemi emuntoriali non sono sufficienti, si determina un’alterazione dell’equilibrio, che l’organismo, nella sua naturale tendenza verso il mantenimento o il ripristino della sua “omeostasi ristretta” (Laborit), cerca di compensare innescando meccanismi supplementari di tipo autodifensivo: le malattie.
Secondo l’Omotossicologia la malattia è da interpretare come la risultante che scaturisce dall’interazione tra noxa patogena, fattori ambientali e soprattutto reattività: le malattie sarebbero l’espressione della lotta dell’organismo contro le tossine, al fine di neutralizzarle ed espellerle; ovvero sarebbero l’espressione della lotta che l’organismo compie per compensare i danni provocati irreversibilmente dalle tossine . A seconda dell’entità dell’aggressione e dell’integrità del sistema difensivo autologo (che Reckeweg chiama Sistema della Grande Difesa), l’organismo manifesterebbe quadri clinici differenti che si possono classificare in 6 fasi. Nella sua Tavola delle Omotossicosi (quadro sinottico che classifica le diverse patologie), Reckeweg rappresenta i vari gradi di reattività attraverso i quali l’organismo cerca di mantenere o ripristinare la sua omeostasi, il suo equilibrio, il suo stato di salute. Ogni fase rappresenterebbe l’espressione delle diverse capacità reattive (infiammatorie) dell’organismo, l’espressione di altrettanti tipi di equilibri di flusso raggiunti dall’organismo per conservare la propria omeostasi ristretta. Si distinguono 2 fasi Umorali, 2 fasi della Sostanza Fondamentale e 2 fasi Cellulari.
Le Fasi Umorali rappresentano situazioni patologiche in cui la prognosi è favorevole, in quanto espressioni di una buona reattività. Si distinguono:
Le Fasi della Sostanza Fondamentale rappresentano situazioni patologiche in cui il carico omotossinico è localizzato, dapprima, a livello della matrice e poi a livello cellulare. Si distinguono:
Le Fasi Cellulari rappresentano situazioni patologiche in cui la prognosi non è più favorevole, in quanto espressioni della scarsa reattività tipica di una alterazione lesionale. Si distinguono:
Partendo da queste considerazioni, H.H. Reckeweg descrisse il fenomeno della cosiddetta vicariazione, cioè lo spostamento della malattia da un tessuo all’altro, da un organo all’altro. La vicariazione può avere una prognosi positiva (in questo caso è detta “regressiva” e corrisponde al processo di guarigione naturale) o, viceversa, negativa (in questo caso è detta “progressiva” e coincide, per esempio, con il processo di cronicizzazione). La terapia omotossicologica si pone come obiettivo l’innesco della vicariazione regressiva, biologicamente favorevole e caratterizzata dalla riattivazione delle funzioni disintossicanti, dalla tendenza all’escrezione delle omotossine e dalla comparsa di recidive di fasi precedenti.
Farmacologia omotossicologica
Obiettivo dell'omotossicologica è disintossicare l’organismo ed eventualmente riparare i danni causati dalle tossine attraverso i farmaci omotossicologici, cioè sostanze chimichein diluizione omeopatica opportuna per poter innescare l'inversione dell'effetto che, intervenendo nelle reazioni enzimatiche (su cui agiscono da induttori), e sul sistama immunitario, possono attivare "sistemi difensivi" ancora in riserva. Queste sostanze indurrebbero, secondo gli omotossicologi, in quanto simili alla noxa causale, un meccanismo di difesa aggiuntivo contro le noxae già presenti (malattia). Il meccanismo sarebbe suffragato sperimentalmente dai lavori di Conney e Burns, Hauss, Wallenfels e Weil.
Immunologicamente, si ritiene che il meccanismo d’azione del rimedio omotossicologico sia interpretabile nel senso di un incremento della risposta cellulo-mediata. Nella rete complessa del sistema immunitario, il "ventaglio" anticorpale si potrebbe così allargare allo scopo di attaccare e neutralizzare antigeni non solo identici, ma anche somiglianti all'originale. La sostanza terapeutica, in quanto diluita (cioè omeopatizzata) verrebbe immediatamente neutralizzata e tutto il nuovo apparato difensivo può rivolgersi contro la tossina causale.
Reckeweg ha introdotto, accanto ai rimedi omeopatici classici (derivazione vegetale, minerale, animale) una serie di nuovi rimedi:
Metabolismi, fisiologia, malattie, psicologia, tutto è differente tra adulto e bambino e l’universo infantile richiede studi ed approfondimenti specialistici. L'approccio diagnostico
terapeutico con “Low Dose Medicine in Pediatria” si propone di migliorare la gestione “biologica” della salute del bambino.
Lo studio di farmaci di origine naturale e l’approfondimento
della farmacologia dei bassi dosaggi di molecole biologiche, le cui evidenze sperimentali sull’efficacia e sulle possibilità di utilizzo in ambito terapeutico stanno disegnando nuovi scenari in campo medico e aprendo nuove strade per una terapia
sempre più scevra da effetti collaterali.
La Medicina Fisiologica di Regolazione (PRM – Physiological Regulating Medicine), un’innovativa branca della Medicina, che rappresenta
la più moderna integrazione tra Medicina Classica e Medicina Naturale e si basa sulle più moderne conoscenze nel campo della Biologia Molecolare, della Fisica Quantistica ed in particolare della Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia.
La PRM nasce dall’idea di riportare un organismo ammalato alle proprie condizioni
fisiologiche di partenza attraverso l’uso di medicinali contenenti, oltre a rimedi di origine
naturale (minerali, vegetali ed animali), anche e soprattutto molecole biologiche, denominate messengers molecules (neuropeptidi, ormoni, interleuchine e fattori di crescita) che, in condizioni di salute, controllano e regolano le funzioni organiche. Di particolare
valore innovativo è l’utilizzo in terapia di queste messengers molecules a bassissimi dosaggi, denominati physiological low-doses e, soprattutto, attivati secondo uno specifico metodo di preparazione farmaceutica denominato SKA (Sequential Kinetic
Activation), in grado di rendere i bassi dosaggi attivi nella cura delle più diverse patologie tanto quanto le alte concentrazioni normalmente utilizzate in farmacologia clinica, ma senza gli effetti collaterali di quest’ultime. Particolare attenzione
è riservata all’interpretazione fisiopatologica delle diverse malattie a carico di sistemi e apparati secondo le più recenti acquisizioni in ambito neuro-immuno-endocrino ed al ruolo del Costituzionalismo, inteso come strumento diagnostico
predittivo e come importante mezzo terapeutico preventivo e di sviluppo armonico del bambino.