1) Omeopatia - fine XVIII secolo

"Omeo... che?"

Nonostante migliaia di farmacie in Italia espongano ormai la scritta “Omeopatia”, la maggior parte delle persone non sa che cosa sia questa forma di terapia che ha le sue radici nell’antica Grecia.
Il primo omeopata, infatti, sembra essere stato il più grande medico di tutti i tempi: Ippocrate. Il medico-omeopata è prima di tutto un laureato in medicina e chirurgia che frustrato dalle limitazioni terapeutiche della medicina ufficiale cerca nuove strade e nuovi metodi per curare meglio i suoi pazienti.
In Italia non esiste una laurea in Omeopatia e di conseguenza le molte migliaia di medici italiani che vogliono conoscere altre metodiche terapeutiche per poterle meglio integrare a seconda delle necessità dei pazienti, devono seguire dei corsi di studio speciali (mediamente 3 anni) che non sono ufficialmente riconosciuti in Italia, ma sono riconosciuti e apprezzati in tutto il resto d’Europa.

L’incontro del paziente con il medico omeopata dura come minimo un’ora: nel corso di questo tempo il medico – oltre ad un’accurata visita - porrà al paziente molte domande allo scopo di determinare quale è il rimedio più adatto alla sua situazione patologica e qual è la sua “tipologia”.
In Omeopatia, infatti, sono state determinate diverse “tipologie” di esseri umani, ognuna delle quali presenta sintomi e atteggiamenti caratteriali ed emozionali che lo rendono più vulnerabile ad un certo tipo di malattie e disturbi.
E’ importante quindi per il medico omeopata pervenire alla comprensione del malato che si nasconde dietro ogni malattia e realizzare così una terapia personalizzata, diretta alla risoluzione delle cause che hanno originato i singoli disturbi.
Individuando la “tipologia” del malato e quindi il “terreno” geneticamente predisposto sul quale si innescano i sintomi, il medico omeopata non cura solo la malattia del momento, ma interviene sul malato nella sua totalità di individuo rafforzando il “terreno” e quindi effettuando un’efficace prevenzione.


La parola “omeo-patia” deriva appunto dal greco: homoios (simile)- pathos (dolore, malattia). In altre parole, come appunto enunciato qualche millennio fa da Ippocrate, l’Omeopatia si basa sul concetto che “il male è guarito dal suo simile” (similia similibus curantur).

Qualche centinaio di anni dopo, anche il famosissimo medico Paracelso enunciò una teoria molto simile, ma dovette passare ancora molto tempo perché le intuizioni di questi due grandi medici del passato venissero riscoperte, valorizzate e diffuse da un altro grande: Samul Hahnemann.
Medico scrupoloso e attento (nato a Meißen nel 1755), un giorno Hahnemann, traducendo un antico libro di medicina, fu attratto dalla descrizione di come i coltivatori di chinino (pianta utilizzata per curare gli effetti della malaria) fossero spesso colpiti da febbri simili a quelle provocate da questa malattia. Hahnemann decise allora di provare gli effetti del chinino su se stesso e cominciò ad assumerlo a grandi dosi, scoprendo così che la stessa sostanza (il chinino) che curava le febbri malariche, assunta a grandi dosi “provocava” lo stesso tipo di febbre.

Sperimentazioni come questa vennero poi compiute sia da Hahnemann, sia dai suoi studenti e seguaci su centinaia di altre sostanze e i risultati vennero registrati e descritti nella sua Materia medica pura (elenco dei rimedi e il loro utilizzo), il primo prontuario della storia dell’Omeopatia.

La ricerca e la sperimentazione su migliaia di soggetti è proseguita ininterrottamente dai tempi di Hahnemann ad oggi.

Per rispondere alle molte critiche rivolte alla Medicina Omeopatica dalla medicina ufficiale, prima fra queste l’accusa che la cura omeopatica dà buoni risultati solo quando riesce a svolgere un “effetto placebo” (e quindi un effetto puramente psicologico), si può osservare che: se da un lato è vero che il meccanismo di azione del farmaco omeopatico non è ancora stato scientificamente del tutto chiarito, è altrettanto vero che non è più sostenibile il voler etichettare come “effetto placebo” milioni di risultati terapeutici ottenuti su adulti, bambini, animali e perfino piante.
Se fosse vera l’affermazione che l’Omeopatia è “il nulla”, ne conseguirebbe che o il “nulla” è attivo, o che si critica ciò che non si conosce.

I rimedi Omeopatici vengono preparati da sostanze provenienti dai tre regni della natura: animale, vegetale e minerale.

A partire da questa materia prima si prepara la Tintura Madre (T.M.) che servirà per realizzare le differenti diluizioni omeopatiche. Si lascia macerare la sostanza medicinale prescelta in alcool da 45 a 95 gradi, in modo che i principi attivi si depositino nell'alcool. Prima di essere messi a macerare i minerali devono essere finemente triturati, mentre i rimedi vegetali devono essere preparati con la pianta fresca. Le Tinture Madri di origine animale si ottengono mettendo a macerare l'animale intero (come Apis mellifica e Formica rufa), oppure utilizzando le secrezioni (come il nero di Seppia) o i veleni (come quello dei serpenti, per esempio Lachesis muta).

La sostanza utilizzata per la realizzazione della tintura madre), un numero ed alcune lettere che indicano il grado di diluizione: esistono diluizioni decimali (DH), centesimali Hahnemanniane (CH) e korsakovianae (K) (Korsokov era un medico che seguiva le armate napoleoniche in guerra e trovò un altro metodo per preparare i rimedi). Infine, esiste anche la diluizione LM (ovvero cinquantamillesimale) che è un tipo di diluizione studiata dallo stesso Hahnemann negli ultimi anni della propria vita e che apre prospettive terapeutiche nuove rispetto alle diluizioni convenzionali.

Il numero indica quante volte è stato diluito il rimedio. Così, una medicina omeopatica chiamata per esempio Sulphur 12DH, indica che il rimedio è a base di zolfo, che è stato ottenuto diluendo una goccia di Tintura Madre in dieci gocce di alcool, dinamizzando il tutto mediante succussioni, e poi ripetendo l’operazione 12 volte.

La maggior parte dei rimedi omeopatici sono diluiti molto oltre il livello che i chimici considerano necessario affinché esista una sola molecola della sostanza originale.

Eppure, la cura omeopatica funziona.

Come assumere i rimedi Omeopatici

I rimedi Omeopatici vengono generalmente assunti per bocca (tranne le fiale iniettabili) ma, che siano gocce, globuli, granuli o compresse, ci sono 3 regole fondamentali:

  • vanno trattenuti o sciolti in bocca affinché possano essere assorbiti direttamente dalla mucosa che è ricchissima di vasi sanguigni e di conseguenza l’effetto del rimedio entra immediatamente in circolo;
  • vanno assunti preferibilmente lontano dai pasti o comunque dall’assunzione di alcool, fumo ecc.;
  • è preferibile non toccare il prodotto con le mani.

Si possono seguire indicativamente i seguenti schemi posologici:

Caratteristiche della malattia

Frequenza di somministrazione

Patologie acute – Stati acuti

1 dose ogni mezz’ora – ogni ora

Patologie sub croniche – Stati sub cronici

1 dose ogni 2-3 ore

Terapia di mantenimento

1 dose 2-3 volte al giorno

Dose lattante/bambino

Dose adulto

5 - 7 globuli 1 - 2 compresse (da sciogliere in bocca o in poca acqua.) 1 - 2 cucchiaini di sciroppo (2,5_5 ml circa di sciroppo)

7 – 10 globuli 1 - 2 compresse (da sciogliere in bocca o in poca acqua.) 5 ml circa di sciroppo

Nelle confezioni dei rimedi omeopatici non sono contenute informazioni inerenti a posologia, avvertenze e indicazioni, perché ancora oggi in Italia questo è vietato per Legge.

2) Omotossicologia - anni 1950

L’omotossicologia prese le mosse dall’omeopatia. Essa nacque più di 50 anni fa per opera di Ha-Heinrich Reckewg (Herford, 1905 - Zurigo, 1985). Egli elaborò un corpus dottrinale conosciuto con il nome di Omotossicologia o Omeopatia Anti-Omotossica, formulando la composizione di farmaci omeopatici complessi in diluizione decimale e introdusse nella farmacopea omeopatica nuove sostanze (nuovi ceppi di nosodi, organoderivati di suiuno, catalizzatori del Ciclo di Krebs, chinoni). L’omotossicologia, pur affondando le sue radici nell’omeopatia, afferma di volgere lo sguardo alla moderna fisiopatologia e a questa afferma di rifarsi in sede di dianosi, avvalendosi in sede di terapia di sostanze preparate secondo i canoni della farmacopea omeopatica e della sperimentazione patogenetica.

L’impostazione omotossicologica rifiuta ogni forma di quello che definisce integralismo terapeutico per cercare un punto di contatto tra le basi teoriche dell’Omeopatia hahnemanniana ed il rigore clinico e la validazione scientifica peculiari della medicina convenzionale attuale.

Il contributo portato da Reckeweg all’evoluzione del pensiero medico omeopatico è consistito nell’essersi impegnato nella ricerca per fornire una base scientifica e sperimentale ai fondamenti dell'omeopatica.

L’omotossicologia ha portato ad un ampliamento della farmacologia omeopatica, e la disponibilità di nuovi rimedi, ad integrazione sinergica e complementare della farmacopea omeopatica. Reckeweg introduce la cosiddetta Tavola delle Omotossicosi, quadro sinottico delle patologie, in cui ogni alterazione di organi o Sistemi è messa in correlazione con quella che in Omeopatia viene chiamata la forza vitale del paziente (da Reckeweg identificata con il potenziale reattivo del soggetto). Tramite l’inquadramento della patologia in tale tavola si afferma che sia possibile definire lo status praesens del paziente e, attraverso gli opportuni farmaci omeopatici-omotossicologici, formulare una proposta terapeutica individuale (in ossequio ad uno dei cardini dell’Omeopatia hahnemanniana: l’individualità).

L’omotossicologia avrebbe consentito l’avviamento di un filone di ricerca che, facendo riferimento in particolare alla Biochimica, all’Immunologia ed alla Biologia Molecolare potesse sostenere il confronto come Medicina basata sull’evidenza scientifica. Tuttavia questi filoni di ricerca volti alla validazione scientifica dei principi fondatori dell’Omeopatia, Similitudine e Dosi infinitesimali non hanno trovato il suffragio sperimentale cercato.

Principi dell’Omotossicologia

La premessa da cui parte l'omotossicologia è che qualunque organismo è continuamente attraversato da un’enorme quantità di sostanze di provenienza esogena (batteri, virus, tossine alimentari, fattori di inquinamento ambientale, ecc.) ed endogena (prodotti intermedi dei diversi metabolismi, cataboliti finali, ecc.) che possono avere valenza patogenica. In accordo alla teoria di von Bertanlanffy, secondo cui l’organismo sarebbe un sistema di flusso in equilibrio dinamico, se l’omotossina non è particolarmente “virulenta” e se i sistemi emuntoriali sono efficienti, essa attraverserebbe l’organismo-sistema di flusso senza determinare alcuna interferenza nella sua omeostasi, che resterà pertanto nella condizione di equilibrio, cioè di salute. Se viceversa, o perché la tossina è particolarmente “aggressiva” o perché i sistemi emuntoriali non sono sufficienti, si determina un’alterazione dell’equilibrio, che l’organismo, nella sua naturale tendenza verso il mantenimento o il ripristino della sua “omeostasi ristretta” (Laborit), cerca di compensare innescando meccanismi supplementari di tipo autodifensivo: le malattie.

Secondo l’Omotossicologia la malattia è da interpretare come la risultante che scaturisce dall’interazione tra noxa patogena, fattori ambientali e soprattutto reattività: le malattie sarebbero l’espressione della lotta dell’organismo contro le tossine, al fine di neutralizzarle ed espellerle; ovvero sarebbero l’espressione della lotta che l’organismo compie per compensare i danni provocati irreversibilmente dalle tossine . A seconda dell’entità dell’aggressione e dell’integrità del sistema difensivo autologo (che Reckeweg chiama Sistema della Grande Difesa), l’organismo manifesterebbe quadri clinici differenti che si possono classificare in 6 fasi. Nella sua Tavola delle Omotossicosi (quadro sinottico che classifica le diverse patologie), Reckeweg rappresenta i vari gradi di reattività attraverso i quali l’organismo cerca di mantenere o ripristinare la sua omeostasi, il suo equilibrio, il suo stato di salute. Ogni fase rappresenterebbe l’espressione delle diverse capacità reattive (infiammatorie) dell’organismo, l’espressione di altrettanti tipi di equilibri di flusso raggiunti dall’organismo per conservare la propria omeostasi ristretta. Si distinguono 2 fasi Umorali, 2 fasi della Sostanza Fondamentale e 2 fasi Cellulari.

Le Fasi Umorali rappresentano situazioni patologiche in cui la prognosi è favorevole, in quanto espressioni di una buona reattività. Si distinguono:

  • la Fase di escrezione: le tossine non arrivano neanche in contatto con le cellule epiteliali delle mucose, ma vengono inglobate ed espulse con le secrezioni fisiologiche;
  • la Fase di reazione (o di Infiammazione): grazie al processo dell'infiammazione, l'organismo neutralizza prima, ed espelle poi, le tossine entrate nel sistema di flusso.

Le Fasi della Sostanza Fondamentale rappresentano situazioni patologiche in cui il carico omotossinico è localizzato, dapprima, a livello della matrice e poi a livello cellulare. Si distinguono:

  • la Fase di deposito: in questo stadio di malattia l'organismo, nell'intento di mantenere inalterato il suo equilibrio, accantona a livello connettivale quelle tossine che gli emuntori non sono riusciti ad espellere, e che la successiva, compensatoria, fase di reazione non è riuscita a neutralizzare;
  • la Fase di impregnazione: a partire da questa fase le tossine sono localizzabili non più a livello del mesenchima ma del parenchima; infatti esse vengono canalizzate a livello organico verso un "locus minoris resistentiae" espressione di una meiopragia costituzionale o iatrogenica. Inglobate a questo livello, in parenchimi nobili, iniziano a destrutturare la cellula attaccando per primi i suoi meccanismi enzimatici.

Le Fasi Cellulari rappresentano situazioni patologiche in cui la prognosi non è più favorevole, in quanto espressioni della scarsa reattività tipica di una alterazione lesionale. Si distinguono:

  • la Fase di degenerazione: il perdurare dell'accumulo di tossine di impregnazione determina, dopo il parziale blocco enzimatico, il danno dell'organulo intracellulare, e la conseguente degenerazione dei tessuti;
  • la Fase di dedifferenziazione: la stimolazione infiammatoria cronica della cellula può determinare la sua sdifferenziazione in cellule anomale che, anche per il contemporaneo indebolimento-sovvertimento delle difese organiche, possono prendere il sopravvento sull'intero organismo.

Partendo da queste considerazioni, H.H. Reckeweg descrisse il fenomeno della cosiddetta vicariazione, cioè lo spostamento della malattia da un tessuo all’altro, da un organo all’altro. La vicariazione può avere una prognosi positiva (in questo caso è detta “regressiva” e corrisponde al processo di guarigione naturale) o, viceversa, negativa (in questo caso è detta “progressiva” e coincide, per esempio, con il processo di cronicizzazione). La terapia omotossicologica si pone come obiettivo l’innesco della vicariazione regressiva, biologicamente favorevole e caratterizzata dalla riattivazione delle funzioni disintossicanti, dalla tendenza all’escrezione delle omotossine e dalla comparsa di recidive di fasi precedenti.

Farmacologia omotossicologica

Obiettivo dell'omotossicologica è disintossicare l’organismo ed eventualmente riparare i danni causati dalle tossine attraverso i farmaci omotossicologici, cioè sostanze chimichein diluizione omeopatica opportuna per poter innescare l'inversione dell'effetto che, intervenendo nelle reazioni enzimatiche (su cui agiscono da induttori), e sul sistama immunitario, possono attivare "sistemi difensivi" ancora in riserva. Queste sostanze indurrebbero, secondo gli omotossicologi, in quanto simili alla noxa causale, un meccanismo di difesa aggiuntivo contro le noxae già presenti (malattia). Il meccanismo sarebbe suffragato sperimentalmente dai lavori di Conney e Burns, Hauss, Wallenfels e Weil.

Immunologicamente, si ritiene che il meccanismo d’azione del rimedio omotossicologico sia interpretabile nel senso di un incremento della risposta cellulo-mediata. Nella rete complessa del sistema immunitario, il "ventaglio" anticorpale si potrebbe così allargare allo scopo di attaccare e neutralizzare antigeni non solo identici, ma anche somiglianti all'originale. La sostanza terapeutica, in quanto diluita (cioè omeopatizzata) verrebbe immediatamente neutralizzata e tutto il nuovo apparato difensivo può rivolgersi contro la tossina causale.

Reckeweg ha introdotto, accanto ai rimedi omeopatici classici (derivazione vegetale, minerale, animale) una serie di nuovi rimedi:

  • I Catalizzatori intermedi: la terapia con i fattori del ciclo di Krebs e con i chinoni omeopatizzati avrebbe come scopo quello di inviare un impulso stimolante all’insieme di reazioni enzimatiche (ciclo di Krebs e catena di trasporto degli elettroni) che nella cellula assolvono al fondamentale ruolo di produrre energia. Vengono utilizzati in caso di patologie caratterizzate da carenza energetica, per esempio le malattie cronico-degenerative.
  • I nosodi: sono preparati a partire da materiale patologico (secrezioni, tessuti ammalati, colture microbiche) opportunamente sterilizzato e reso inattivo, diluito e dinamizzato secondo le norme della farmacopea omeopatica. Si ritiene che il loro meccanismo d’azione possa essere di tipo immunologico.
  • Gli organoterapici Suis: vengono utilizzati, omeopatizzati, gli organi di maiale, in quanto la specie suina è simile anatomicamente e biochimicamente alla specie umana. In ragione di questa somiglianza si svilupperebbe uno spiccato organotropismo dell’organoterapico suis per l’omologo tessuto o organo umano. Inoltre, per la ridotta efficacia dei sistemi di detossificazione del maiale, i suoi tessuti sarebbero particolarmente imbibiti di tossine. Si ritiene così di disporre di un rimedio che ha le caratteristiche di un nosode, con in più la peculiarità dell’organotropismo. Il rimedio suis, terapeuticamente, avrebbe anche un’azione trofica sul tessuto bersaglio. I meccanismi che consentono queste azioni sarebbero di carattere immunologico.
  • Gli allopatici omeopatizzati: si tratta di farmaci di tipo convenzionale omeopatizzati. Questi preparati trovano uso nel trattamento di quadri sintomatologici analoghi ai quadri tossicologici degli stessi farmaci convenzionali oppure nella cura delle malattie jatrogene, sulla base del principio isopatico secondo il quale la somministrazione in forma omeopatizzata del farmaco che ha indotto il danno terapeutico sarebbe di antidoto al danno jatrogeno stesso.

Omotossicologia

Omotossicologia e medicina Fisiologica di regolazione

3) Low dose Medicine - Medicina Fisiologica di Regolazione - anno 2011

Metabolismi, fisiologia, malattie, psicologia, tutto è differente tra adulto e bambino e l’universo infantile richiede studi ed approfondimenti specialistici. L'approccio diagnostico terapeutico con “Low Dose Medicine in Pediatria” si propone di migliorare la gestione “biologica” della salute del bambino.
Lo studio di farmaci di origine naturale e l’approfondimento della farmacologia dei bassi dosaggi di molecole biologiche, le cui evidenze sperimentali sull’efficacia e sulle possibilità di utilizzo in ambito terapeutico stanno disegnando nuovi scenari in campo medico e aprendo nuove strade per una terapia sempre più scevra da effetti collaterali.
La Medicina Fisiologica di Regolazione (PRM – Physiological Regulating Medicine), un’innovativa branca della Medicina, che rappresenta la più moderna integrazione tra Medicina Classica e Medicina Naturale e si basa sulle più moderne conoscenze nel campo della Biologia Molecolare, della Fisica Quantistica ed in particolare della Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia.
La PRM nasce dall’idea di riportare un organismo ammalato alle proprie condizioni
fisiologiche di partenza attraverso l’uso di medicinali contenenti, oltre a rimedi di origine naturale (minerali, vegetali ed animali), anche e soprattutto molecole biologiche, denominate messengers molecules (neuropeptidi, ormoni, interleuchine e fattori di crescita) che, in condizioni di salute, controllano e regolano le funzioni organiche. Di particolare valore innovativo è l’utilizzo in terapia di queste messengers molecules a bassissimi dosaggi, denominati physiological low-doses e, soprattutto, attivati secondo uno specifico metodo di preparazione farmaceutica denominato SKA (Sequential Kinetic Activation), in grado di rendere i bassi dosaggi attivi nella cura delle più diverse patologie tanto quanto le alte concentrazioni normalmente utilizzate in farmacologia clinica, ma senza gli effetti collaterali di quest’ultime. Particolare attenzione è riservata all’interpretazione fisiopatologica delle diverse malattie a carico di sistemi e apparati secondo le più recenti acquisizioni in ambito neuro-immuno-endocrino ed al ruolo del Costituzionalismo, inteso come strumento diagnostico predittivo e come  importante mezzo terapeutico preventivo e di sviluppo armonico del bambino.

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